Perché l’Italia è sempre in emergenza? Quali sono i fatti del cambiamento climatico nel nostro Paese e cosa sta avvenendo in concreto sul territorio? Sono i temi che ha trattato il giornalista Stefano Liberti nel Giovedì Culturale che ha preso spunto dal suo ultimo libro, Terra bruciata, un reportage dai ghiacciai alpini fino alla Sicilia per capire gli impatti del riscaldamento globale.

“Spesso la tesi è più sfumata della ipotesi di partenza, ma in questo caso è successo il contrario, ho visto che la realtà è più drammatica di quanto immaginassi – ha spiegato Liberti – L’Italia è un hotspot climatico ovvero un luogo dove gli effetti dei cambiamenti sono più evidenti che altrove”.

Negli ultimi anni c’è stato un incredibile aumento degli eventi atmosferici estremi. Alluvioni, venti fortissimi, piogge torrenziali non sono maltempo ma segnali della crisi climatica. Il numero e la frequenza è l’aspetto più evidente. In Italia c’è stata un crescita esponenziale dei fenomeni, in media 5 al giorno, passando dai 50 di 20 anni fa ai 500 del 2010 ai 1665 del 2019. Negli altri Paesi europei non è avvenuto con lo stesso incremento.

L’Italia è più esposta per ragioni geografiche (è al centro del Mediterraneo che si è scaldato più degli oceani e libera più energia in atmosfera), per la morfologia dei territori (colline e montagne che franano) e per ragioni antropiche. Dagli anni 60 c’è stata infatti una grandissima cementificazione che ha consumato il suolo e lo ha reso sempre più fragile. L’aumento di 2,2 °C della temperatura media in Italia in 30 anni non colpisce l’immaginario.

Si possono fare molte cose ed è urgente agire cambiando il modello urbanistico e il paradigma di produzione agricola. “Cerchiamo di trasformare una crisi in opportunità: sta arrivando una grande quantità di denaro che ci consentirebbe di effettuare la transizione energetica e ecologica e di cambiare il modello produzione agricola – ha detto Liberti – il recovery fund porterà 220 miliardi di euro . Manca ancora una strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, c’è un piano del 2015 ma non ancora trasformato in fatti. Non possiamo perdere questa occasione”.

Anche esperienze locali e marginali possono essere precursori e pionieristiche e ora c’è una congiuntura attuale favorevole al cambiamento, anche con la nuova amministrazione americana.

Serve una volontà politica, in Paesi del nord Europa il cambiamento climatico è al centro del dibattito pubblico, si insegna a scuola, in Italia invece viene percepito come qualcosa di lontano da noi.

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