In Italia esistono alcune emergenze “nazionali”, ma una preoccupa più delle altre e porta una sfida che non può più essere rimandata, quella della digitalizzazione e del passaggio a un approccio “4.0” non solamente delle imprese ma anche delle Pubbliche Amministrazioni. 

Di questa autentica rivoluzione copernicana, dalla quale dipende molto del futuro dell’Italia già dai prossimi anni, se ne è parlato al convegno “Dall’Impresa 4.0 alla PA 4.0: una sfida possibile”, tenutosi a Palazzo Monferrato giovedì 17 ottobre, grazie all’impegno della Prefettura di Alessandria in partnership con la Camera di Commercio. 

IL QUADRO ITALIANO

A tracciare il quadro italiano sono stati Luigi Gili della Corte della Conti, Luca Attias, Commissario Straordinario Agenda Digitale e Michele Melchionda, dell’Ufficio Informatico Team Digitale. 

Dagli interventi è emerso un quadro sicuramente allarmante, fotografia di un’Italia ancora confinata agli ultimi posti in Europa e per questo spicca ancor più nitidamente il grande risultato appena conseguito dalla nostra provincia, fra le prime a livello nazionale ad aver completato l’adesione all’ANPR, l’anagrafe nazionale della popolazione residente, passo fondamentale per costruire un paese più digitalizzato ed efficiente. 

A livello nazionale resta però ancora molto da fare: gli italiani sono poco digitalizzati e questa scarsa competenza dell’utenza si riverbera su una scarsa domanda di digitalizzazione per le imprese, poco stimolate quindi a svolgere passi innovativi importanti per tenere testa a una competizione globale. 

Il contesto istituzionale per lungo tempo non ha aiutato, poiché, come sottolineato dai relatori, è mancato un coordinamento a livello nazionale abbastanza forte e le PA locali, “sentendosi abbandonate, hanno spesso optato per soluzioni autoprodotte, arrivando a comporre così a livello nazionale un sistema con decine di migliaia di data center che faticano a parlarsi fra loro (che vanno confrontati con le poche decine presenti in altri Paesi), portando a una miriade di micro server, spesso poco sicuri e aggiornati.

Il “PREZZO” DELLA SCARSA DIGITALIZZAZIONE

“Scarsa digitalizzazione vuol dire mancati risparmi e quindi meno risorse da reinvestire sui servizi futuri per i cittadini”, come ha ricordato Luigi Gili della Corte dei Conti, che sul terreno della spinta alla modernizzazione rappresenta un attore importantissimo, sia per l’importanza del capitale umano di cui dispone, sia per l’attenzione che i Comuni le riservano. 

L’Italia risulta agli ultimissimi posti in Europa nel DESI 2018, vale a dire il Digital Economy and Society Index, dove si posiziona quartultima davanti solamente a Grecia, Bulgaria e Romania (che chiude la classifica). Fra le correlazioni più eventi c’è quella, sicuramente preoccupante, con il Corrumption Perceptions Index 2018, nel quale l’Italia, a livello mondiale, si pone solamente al 53esimo posto. “La digitalizzazione – hanno sottolineato in tal senso Attias e Melchionda – rappresenta una priorità anche perché risolvere questa emergenza vuol dire poter contrastare efficacemente anche le altre, che le sono evidentemente connesse, e questo vale prima di tutto per la corruzione ma anche per altri fronti, come per esempio la lotta al terrorismo”.  

I prossimi passi, dopo l’anagrafe nazionale della popolazione residente (Alessandria, grazie al lavoro svolto in questi mesi dalla Prefettura, è al 100% della copertura del proprio territorio, mentre la Regione Piemonte è ferma al 64% e l’Italia a poco più del 50%), saranno lo SPID (la possibilità di essere riconosciuti attraverso una propria identità digitale certificata) e il sistema PAGO PA, per svolgere operazioni online con il medesimo valore legale che si avrebbe se ci si trovasse fisicamente di fronte a uno sportello. 

Su questo fronte i dati sono però meno confortanti: se il numero di transazioni svolte su PAGO PA è in forte aumento (così come il totale delle cifre transate), la diffusione dello SPID è ancora in forte ritardo rispetto alle attese. Nel Comune di Alessandria sono appena 4900 (su una popolazione di circa 93800 abitanti), mentre a livello provinciale i valori si attestano a 22594 (su 480 mila potenziali utenti) e in regione 286893 (su 4 milioni e 376 mila abitanti). Dati preoccupanti, considerando che è ancora forte il digital divide fra nord e sud Italia e quindi il dato nazionale medio è ancor più basso. 

“L’obiettivo nel medio periodo – hanno concordato i relatori – è quello di arrivare a una vera e propria APP dei cittadini, strumento d’interfaccia fra la PA e l’utente finale, vera pietra miliare in grado di condurre l’Italia a una compiuta Repubblica Digitale”. 

“Il cittadino deve essere al centro di questo progetto – ha sottolineato il prefetto Apruzzese – ribaltando la logica a lungo seguita per cui fosse l’utente a doversi adattare alle necessità organizzative delle Pubbliche Amministrazioni. Oggi questo rapporto si è finalmente rovesciato e la sfida è progettare servizi che tengano conto dell’esperienza e della fruibilità dell’utente finale”. 

Non si tratta – hanno ricordato a più riprese dal palco – di rendere disponibili in digitale documenti pensati per essere gestiti a livello cartaceo, ma di reingegnerizzare i processi delle PA affinché ragionino e siano organizzate in maniera effettivamente digitale. 

Fra le tematiche più delicate affrontate durante il convegno c’è stata anche quella dedicata al problema della sicurezza, come sottolineato da Cosimo Comella, Tecnologie Digitali e Sicurezza Informatica Garante Protezione dei Dati Personali, che ha sottolineato il cambiamento in corso in Italia: “mentre prima abbiamo vissuto in un contesto di eccessiva reticenza, dove le imprese e le PA non denunciavano all’autorità gli attacchi hacker ricevuti – come invece avviene in altri Stati – per questioni culturali, legate alla vergogna di essere stati attaccati – oggi esiste più collaborazione e le nuove normative aiutano a costruire processi più sicuri. La sfida ulteriore è quella di contemperare diritti differenti, come quello alla trasparenza da un lato e quello alla privacy dall’altro, confrontandosi con interessi opposti da tutelare, secondo logiche di buon senso e mirate all’equilibrio di giudizio e alla tutela dei diritti di tutti gli utenti”.