“I temi che Marco Tullio Giordana affronta nei suoi film ci riguardano come cinefili e come cittadini, sono film di forte ispirazione civile, con grande attenzione alla storia, in particolare agli anni 70”: Roberto Lasagna, direttore artistico del “Festival Adelio Ferrero – cinema e critica”, ha introdotto così il regista ospite dell’ultimo appuntamento della stagione dei Giovedì Culturali. Nell’incontro, Giordana ha presentato il libro Immaginare la realtà – Conversazioni sul cinema (Edizione Gruppo Abele, 2021), nel quale risponde alle domande del critico cinematografico Andrea Bigalli sulla nascita dei film più rappresentativi della sua carriera e sull’intreccio fra la storia e i personaggi portati in scena, in opere che spaziano dagli ultimi sussulti del fascismo sino alle stragi impunite della Repubblica, dagli anni di piombo alle migrazioni, dalla condizione femminile alla cronaca.

Con il suo cinema rigoroso e molto toccante, Marco Tullio Giordana “restituisce una densità cinematografica come Sidney Pollack, François Truffaut e il miglior Ettore Scola”

“Gli anni 70 sono un periodo storico giudicato con enorme severità – ha detto il regista – i fenomeni degenerativi come il terrorismo e la mafia sono diventati la descrizione di quel decennio ma io vedevo una grande produzione cinematografica mondiale, coraggiosa e multiforme. Secondo me sono stati gli anni d’oro del Novecento. Poi è avvenuta una completa perdita di senso del proprio destino, che invece era molto chiaro nel secondo dopoguerra”.

Secondo Giordana, Peppino Impastato, interpretato da Luigi Lo Cascio ne I cento passi, è un eroe imitabile, non come il magistrato o l’investigatore che combattono contro il male. “Nasce in una famiglia mafiosa, è destinato ad essere un capo, il padre è un gregario. Lui si ribella, come fanno tutti i ragazzi, in qualsiasi epoca e ovunque del mondo, per il bisogno di cambiare le cose in meglio ma non un eroe. Nel film si vede anche la sofferenza del padre mafioso perché sa che il figlio ha ragione”.

Pasolini, un delitto italiano è un film sull’angoscia per l’impossibilità della giustizia. È un lavoro di restituzione per quello che lui mi aveva dato: sembrava un fratello maggiore severo ma affettuoso. È stato il mio primo film corale” ha spiegato il regista.

Giordana ha poi ricordato l’accurata ricostruzione per Romanzo di una strage, film sull’attentato di piazza Fontana, e la scelta degli attori. “Per interpretare Giuseppe Pinelli ho scelto Pierfrancesco Favino. Le somiglianze non sempre le hanno i bravi attori, ma se un attore è bravo sa assomigliare al personaggio che deve interpretare. Il film fu preparato con scrupolo, la sua forza risulta anche dall’attenzione ai dettagli”.

Al termine della serata la consegna del Premio “Adelio Ferrero” per il contributo all’arte e alla cultura cinematografica.

Qui potete rivedere l’incontro