“In questi anni la nozione di neurone specchio è cambiata. Prima sembrava solo una sottoclasse di neuroni, negli ultimi anni si è capito che si tratta di una proprietà generale del cervello. Molti neuroni diversi, infatti, hanno proprietà specchio”. Corrado Sinigaglia, professore di Filosofia della Scienza all’università Statale di Milano, ha introdotto così la serata che ha visto ospite con lui Giacomo Rizzolatti, neuroscienziato di fama mondiale, professore emerito dell’Università di Parma, a capo del team che all’inizio degli anni Novanta ha scoperto i neuroni specchio.

In occasione dell’uscita del libro Specchi nel cervello. Come comprendiamo gli altri dall’interno, i due ospiti, introdotti da Ciro De Florio, docente di Logica e Filosofia della Scienza all’Università Cattolica di Milano, hanno parlato delle ricerche più recenti nel settore e delle nuove implicazioni teoriche.

“Forse si è scoperto uno dei principi con cui si è organizzato il cervello non solo nei primati. Specie distanti tra loro condividono neuroni con le stesse proprietà” ha detto Sinigaglia.

Giacomo Rizzolatti ha spiegato come i neuroni parlino tra loro con un loro linguaggio. È stato studiato il sistema motorio per questioni etologiche (l’etologia ha lo scopo di descrivere e interpretare il comportamento animale) e non come produttore di movimenti. I neuroni canonici hanno il compito di codificare lo scopo di particolari atti motori, come afferrare o manipolare oggetti, e sono attivate anche dall’osservazione degli stessi oggetti, pur in assenza di qualsiasi movimento attivo. I neuroni specchio si attivano sia quando viene eseguito un’atto motorio, sia quando si osserva un altro individuo eseguire un’azione simile.

Il professore ha mostrato alcuni filmati registrati durante gli esperimenti: gli elettrodi applicati ad un macaco hanno rilevato l’attivazione di neuroni non solo quando l’animale compie un’azione ma anche quando vede un ricercatore fare lo stesso gesto.

Se si ha un modello interno dell’azione, la si capisce meglio. Ad esempio un giocatore di tennis, vedendo un incontro, è in grado di capire meglio il risultato di una mossa rispetto ad un osservatore non esperto. Se invece vediamo un cane che abbaia, siamo in grado di capire cosa sta accadendo ma non si attivano i neuroni specchio.

Riprendendo la parola, il professor Sinigaglia ha parlato di identificazione: “quando vediamo un’azione, ne capiamo anche le ragioni. In pratica comprendiamo ‘chi’ e ‘perché’, non si acquisisce solo un’abilità ma si capisce. Quando apprendiamo diventiamo esperti percettivamente. Un meccanismo che permette di capire i movimenti degli altri ci consente di sopravvivere”.

Tutto questo avviene anche nelle emozioni: “leggere le emozioni degli altri vuol dire conoscere la situazione prima di vedere. È un segnale sociale. Un’espressione di paura in un’altra persona ci informa che c’è qualcosa che fa paura, prima di vederla”.

Per quanto riguarda il dolore, nel cervello si attivano le stesse aree se soffriamo e se vediamo soffrire. “È l’empatia: nella stessa situazione emotiva i neuroni reagiscono nello stesso modo. L’empatia vuol dire riconoscere gli altri come se stessi. Comprendiamo meglio gli altri quanto più siamo loro vicino” ha concluso il professor Rizzolatti.